Cara amica, caro amico,
Benvenuta e benvenuto a Parlo anch’io!, la newsletter sull’italiano per bambine e bambini in contesti multilingui.
Oggi cominciamo a parlare di letto-scrittura nella seconda lingua, con una riflessione iniziale e alcuni esercizi e consigli.
Buona lettura,
Anna
Leggo in italiano
Trova la differenza:
Sei una bambina italofona residente all’estero e stai imparando a leggere e scrivere in italiano? Ma sei un fenomeno!
Sei una bambina con background migratorio residente in Italia da qualche tempo che non ha ancora padroneggiato la lettoscrittura in italiano? Houston, abbiamo un problema!
Ti è mai capitato, da docente o genitore, di avere a che fare con una delle due situazioni qui sopra e non sapere bene come districarti?
Non è difficile capire perché nel primo caso i primi passi nel mondo della lettura in italiano vengono visti come una cosa fenomenale, mentre nel secondo caso si accendono tutti i campanelli d’allarme e si parte a raffica con interventi di recupero o potenziamento di vario tipo.
Per la bambina italofona residente all’estero, leggere e scrivere in italiano è un di più che non inciderà in maniera essenziale sulla sua vita sociale e scolastica di tutti i giorni (ma potrebbe arricchire moltissimo la sua vita personale e tornarle utile un domani). Per la bambina residente in Italia, invece, l’acquisizione degli strumenti linguistici adatti il prima e il meglio possibile sarà necessaria per la vita quotidiana (la scuola, gli amici e un domani per muoversi nella società).
È interessante riflettere sul fatto che le stesse competenze hanno valore e peso diversi a seconda del contesto in cui le troviamo. Dal punto di vista dell’apprendimento, infatti, i due casi hanno molto in comune: entrambe le bambine possono o devono imparare a leggere e a scrivere in italiano a partire da conoscenze (orali o anche scritte) che già possiedono in un’altra lingua.
Se insegni italiano LS, probabilmente ti sei imbattuta o hai utilizzato il metodo comunicativo (Communicative Language Teaching, o CLT). All’inizio della mia carriera didattica, il CLT era la bibbia da cui non ci si poteva assolutamente discostare.
Già allora c’erano aspetti che non mi tornavano, e in particolare uno: avevo studenti ispanofoni e venivo invitata a penalizzarli il doppio in caso di “errori” riconducibili alla loro madrelingua. Per cui ad esempio avrei dovuto togliere 2 punti all’ispanofono che mi scriveva “gato” e solo 1 all’anglofono, perché il primo errore sarebbe stato riconducibile ad un’indebita interferenza dello spagnolo (cosa che, nonostante le indicazioni ricevute “dall’alto”, non ho mai fatto).
A questi studenti veniva esplicitamente richiesto di “lasciare a casa” lo spagnolo, considerato “dannoso” per l’apprendimento dell’italiano.
In seguito ho incrociato studi che criticavano proprio questo aspetto del CLT: la pretesa che lo studente entri in classe “nudo”, metaforicamente spogliato della competenza linguistica che già possiede in una o altre lingue.
È vero l’opposto! Perché pretendere di fare piazza pulita di quello che già so e ricominciare da capo, quando posso invece utilizzare le competenze che ho già a mio vantaggio? Perché lo studente di cui sopra dovrebbe dimenticarsi che in spagnolo si dice “gato” e poi imparare da capo l’italiano “gatto”? Non sarebbe più ragionevole e comodo utilizzare la somiglianza tra le due parole?
Per questo motivo, in alcune università americane si propongono corsi di “italiano per chi parla una lingua romanza” dove lavorano proprio a partire dalla parentela linguistica. Ovviamente, all’università è possibile fare un lavoro metalinguistico che non è il caso di fare con le nostre piccole e i nostri piccoli.
Ma il succo è questo: non buttare via niente, valorizza le competenze che già ci sono e parti da lì (perché ci sono! Magari non lì lì in superficie e devi scavare un pochino, ma vedrai che le trovi). Una bambina che si sente valorizzata, che parte con la consapevolezza di essere già capace, avrà una base molto più solida (se non altro, di fiducia in sé) su cui costruire.
Le casistiche possibili sono molte (chi sa già leggere e scrivere in una L1 che utilizza l’alfabeto latino, chi sa leggere e scrivere nella propria L1 con alfabeto non latino o in una scrittura non alfabetica, chi non sa ancora leggere e scrivere e imparerà a farlo insieme all’apprendimento della lingua, etc.). Qua sotto trovi alcuni spunti di esercizi da fare con le tue e i tuoi apprendenti, nel mio caso caso creati con in mente l’inglese e l’italiano, ma spero adattabili ad anche ad altre lingue. Fammi sapere!
Esercizi semplici e consigli per facilitare il passaggio della lettura da una lingua all’altra
Lingue alfabetiche, italofoni residenti in altro contesto linguistico. Se la bambina sta già imparando una lingua alfabetica a scuola, il mio consiglio è di aspettare che la corrispondenza lettera-suono in quell’alfabeto sia consolidata. Persino in inglese, che notoriamente ha più eccezioni che regole, si parte da una corrispondenza univoca lettera-suono prima di introdurre dittonghi, trittonghi e gruppi più complessi.
Una volta che la corrispondenza nella prima lingua/alfabeto è acquisita e che, soprattutto, è stato acquisito il principio di correlazione lettera-suono, è più facile introdurre una diversa corrispondenza, sempre partendo dai suoni meno ambivalenti (es. B, P, M, lasciando C, G e gruppi consonantici per ultimi).
Nella mia esperienza, è più facile e produttivo introdurre i due sistemi in sequenza invece che in contemporanea.
Se sei un genitore e questo linguaggio “tecnico” ti spaventa, non preoccuparti! Questo è il segno che aspettavi di prenotare una consulenza gratuita con me e farti dare qualche dritta ;) Ti assicuro che è più difficile spiegarlo che farlo.
Apprendenti con letto-scrittura già consolidata nella prima lingua. Un esercizio vecchio come il cucco ma che diverte sempre molto è chiedere di scrivere alla lavagna tutte le parole italiane che già conoscono. Saranno probabilmente cibi (pasta, pizza, gelato), nomi propri (Maria, Giovanni, Chiara Ferragni), nomi di marche (Dolce e Gabbana, Versace, Gucci). Parti da lì per estrapolare le regole (la g in gelato è dolce ma in Gucci è dura, perché…).
Spesso prepariamo in modo collaborativo una tabella illustrata riassuntiva della pronuncia, con un’immagine per ogni parola (es. un cono gelato per il suono GE). L’abbinamento immagine-suono, ma soprattutto il fatto che hanno creato loro la tabella, li aiuta molto a ricordare le regole di pronuncia. Qui trovi quella più recente fatta da un mio gruppo, ma ti consiglio caldamente di farla fare agli studenti (con la tua guida).
Se l’apprendente parla una lingua tonale (es. mandarino, cantonese, vietnamita), tieni presente che in queste lingue è il tono che porta la maggior parte del significato, per cui possono permettersi di essere imprecisi su alcuni suoni consonantici e trovano le parole italiane lunghissime. Vagli incontro, riconosci questa difficoltà: “Guarda questa parola quante sillabe che ha, è lunghissima! Dai che ce la possiamo fare a leggerla insieme, una sillaba per volta”.
Se ti sembra che l’apprendente abbia difficoltà, non concludere subito che sia “colpa” della prima lingua. Fai un passo indietro e cerca di guardarlo/la nella sua interezza. E se non ci sono DSA diagnosticati, è sempre utile chiedere (soprattutto per le bambine, che statisticamente vengono diagnosticate meno dei bambini).
Spero che questi spunti possano esserti utili. Se non hai trovato suggerimenti adatti al tuo caso, scrivimi e ti aiuto volentieri a fare brainstorming. Non dimenticare che c’è ancora spazio nelle consulenze gratuite!
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Qui trovi altri spunti sulla lettura:
Caspita, Anna. Questa tua riflessione avrei voluto farla leggere qualche anno fa ad un gruppo di colleghe che mise letteralmente in croce una ragazza italofona che rispondeva esattamente alla tua descrizione. Stessi criteri, stesso astio. Risultato: la famiglia le cambiò scuola... 😞