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Andrea M. Alesci's avatar

Puntata che sento molto, Anna. Non ci avevo mai pensato ma di fatto io sono bilingue: italiano e dialetto bresciano.

Finché c'era mia nonna lo parlavo con lei, anche se spesso mi diceva (anche da ragazzino) che voleva che io parlassi in italiano.

Appassionandomi di linguistica, mi è sempre piaciuto molto ascoltare i suoni dialettali e risalire alle parentele fra parole e cose, anche perché il dialetto sta nella materia, negli oggetti e nelle azioni tangibili.

Ho notato che coi miei nipoti il dialetto è già più affievolito, anche se rimane in alcune espressioni: uno di loro però lo ha assorbito di più e ogni tanto risponde mischiando dialetto e italiano 😆.

E non ti nascondo che da tanto tempo sto pensando a una serie o uno spin-off di Linguetta proprio sui dialetti. È ancora una cosa opaca nella mia testa, ma so che vorrei dargli una forma aperta e collaborativa.

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Anna Aresi's avatar

Ciao Andrea, grazie della condivisione! La mia nonna cremonese, che ha appena fatto 93 anni, parlava spesso in dialetto quando le mie due zie erano ancora in vita. Mio nonno era morto giovane e poi lei si era risposata con un signore toscano, quindi il dialetto era uscito dalla sua casa. Questa cosa del veder morire una lingua insieme ai suoi ultimi parlanti (ultimi in generale o ultimi nella nostra vita) è un tema molto toccante che vedo ricorrere spesso.

Ad esempio, ultimamente in Canada ci sono molte iniziative volte alla preservazione delle lingue native, che fino all'altro ieri erano state perseguitate insieme ai loro parlanti. Un riconoscimento politico tardivo e che non penso proprio farà resuscitare alcunché, ma quantomeno un gesto simbolico (sono molto divisa al riguardo). In Italia, mi sembra che non ci sia ancora stata una rivalutazione linguistica e culturale dei dialetti (a parte casi illustri come il napoletano o il veneziano). Va be', è un discorso complesso da non affrontare qui. Sarò molto interessata a leggere lo spin-off di Linguetta di cui parli!

Ultima cosa: sai che esiste una traduzione in bergamasco della Divina Commedia (non tutta, qualche canto). A cura di tal Bortolo Belotti (nome e cognome bergamaschissimi!). Era spuntata ad un certo punto al liceo e ne so troppo poco, ma mi vien da pensare che traducendo il poema simbolo dell'italiano avesse voluto anche dimostrare che il bergamasco poteva essere una lingua letteraria aka degna.

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Andrea M. Alesci's avatar

Già, l'esaurimento delle lingue per estinzione dei parlanti è sempre un momento toccante, se ne va via un pezzo di racconto del mondo quando muore una lingua.

Ho visto che la Divina Commedia tradotta da Bortolo Belotti ce l'hanno alla biblioteca civica "Angelo Mai" di Bergamo, e online si possono vedere alcuni estratti: in effetti tradurre il poema di Dante è come creare una porta d'accesso più larga per entrare dentro l'opera.

Credo che il verso sia molto affine al dialetto (e a casa ho un po' di libri di poesie in dialetto bresciano, e non solo): la poesia dialettale riesce a tradurre nella brevità quella secchezza che contraddistingue la sua vocazione orale, oltre alla necessità della poesia di essere detta ad alta voce.

Che bello questo scambio! Dai, poi spero prima o poi di riuscire a concretizzare anche lo spin-off di Linguetta sui dialetti, con cui in ogni caso vorrei cercare di coinvolgere più persone possibili dalle varie zone areali d'Italia 😉.

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Il dizionario di Mamma Babel's avatar

Ciao Anna, che bella puntata e... che belli i nonni! I dialetti sono una ricchezza che molti di noi italiani ci portiamo dietro con atteggiamenti contrastanti: rinnegare o difendere a spada tratta. Al di là di ciò che possiamo pensare o dichiarare in proposito, quella ricchezza linguistica, in un modo dell'altro, fa già parte di noi e la trasmettiamo anche ai nostri figli. Insomma, sì, tua nonna Agar e tua figlia Agar hanno probabilmente più cose in comune di quanto si pensi, incluso l'uso di certe parole ;-)

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Anna Aresi's avatar

Grazie Federica, hai proprio ragione su questa forte ambiguità che ci portiamo dietro riguardo ai dialetti e sull'innegabile ricchezza linguistica che si portano dietro. Hai mai dedicato una puntata di Mamma Babel a parole o espressioni sarde? Ora non ricordo, dovrei andare a controllare la tua pagina!

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Il dizionario di Mamma Babel's avatar

Non ancora, ma ci ho pensato varie volte! Può essere un'idea per una puntata estiva, visto che tra pochi giorni andrò proprio in Sardegna. Grazie per il suggerimento😉

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Enrica Nicoli Aldini's avatar

Che bella puntata preziosa, Anna! Io sono cresciuta con la nonna bolognese doc che parlava dialetto spessissimo, ma solo lei (il nonno suo marito era pugliese, e hanno cresciuto mia mamma e mio zio in città mentre l’uso del dialetto andava scemando; entrambi comunque capiscono e un po’ parlano anche). La mia comprensione passiva è decente, ma in attivo conosco solo qualche parola e qualche frase — di solito le frasi che si sono consolidate anche tra le nuove generazioni come quasi “cool” (tipo t’al deg, che significa te lo dico, e che in questi giorni a Bologna ho addirittura visto su un cartellone pubblicitario!). Non ho mai pensato di portare il dialetto bolognese nella vita di eventuali figlie e figli, ma questo tuo articolo mi fa venire voglia!

Curiosamente, ho una comprensione passiva buona anche del dialetto trentino. Sono cresciuta andando in montagna lì e i miei amici del paese tra di loro parlavano dialetto — una dinamica che da cittadina mi ha sempre affascinato.

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Anna Aresi's avatar

Ciao Enrica, grazie del commento e della condivisione! Non so se anche col bolognese è così, ma col bergamasco c'è un po' questa cosa che - se non l'hai imparato crescendo - a parte qualche frase o parola non succede praticamente mai che uno lo impari da grande (insomma c'è un po' questa cosa dei native speaker del dialetto lol). In Veneto ho visto che è diverso, la gente tende a tirarti dentro e se cominci a parlare in dialetto sono contenti.

Al di là delle scelte linguistiche di ciascuna famiglia, la "rivelazione" che avevo avuto lavorando con questa mamma era che facciamo fatica a comprendere delle dinamiche che magari ci sono state sempre davanti, anche se in forme leggermente diverse. Mi piace molto, in generale, nel lavoro che faccio, aiutare le persone a rendersi conto di quello che già sanno o posseggono: partire dalle cose positive che si cono per poi costruire da lì. Quindi spero che questa puntata possa essere utile in quel senso!

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