#44 Bilinguismo e dialetto
O di come tua nonna e tua figlia potrebbero essere simili in modi che non ti aspettavi!
Cara amica, caro amico,
Benvenuta e benvenuto a Parlo anch’io!, la newsletter sull’italiano per bambine e bambini in contesti multilingui.
Tu parli il dialetto della tua zona d’origine?
Io purtroppo no, perché essendo mio papà bergamasco e mia mamma di origini cremonesi, tra di loro parlavano solo italiano e non si sono mai rivolti a noi in dialetto.
Ho un po’ di competenza ricettiva, cioè capisco un po’ sia di bergamasco che di cremonese (anche se ora è tanto, troppo tempo che non li sento parlare!) e, cosa di cui sono molto fiera, avendo vissuto a Padova ho sviluppato anche una discreta comprensione del veneto.
A causa della particolare storia politica e linguistica dell’Italia, però, i dialetti purtroppo hanno avuto e hanno spesso anche tutt’ora una brutta reputazione, di varietà linguistiche incolte, rozze o in qualche modo inferiori.
In realtà, dal punto di vista prettamente linguistico, non c’è differenza tra una cosiddetta lingua e un dialetto. Sono entrambe varietà linguistiche, ma il diverso prestigio di cui godono influenza profondamente la concezione che ne abbiamo.
Per questo motivo, se crescendo parlavi sia l’italiano che il tuo dialetto, eri a tutti gli effetti bilingue. Lo sapevi?
Qualche tempo fa ho lavorato con Claudia, una mamma italiana residente in Germania che sta crescendo suo figlio bilingue con l’italiano e il tedesco.1
Come faccio sempre, all’inizio del nostro lavoro insieme ho chiesto a Claudia di compilare un questionario dettagliato sulla situazione linguistica della sua famiglia. Tra le lingue che aveva indicato - oltre a italiano, tedesco e inglese - c’era anche il dialetto salentino che, diceva, usa spesso nella comunicazione con il compagno e la famiglia in Italia.
Qual è il momento migliore per pensare a come coltivare il multilinguismo nella propria famiglia? Adesso!
Più avanti nel nostro percorso, mi sono accorta che Claudia faceva fatica a concettualizzare come una persona bilingue, o meglio come un bambino bilingue, sia in grado di distinguere le due lingue e sapere quale utilizzare in quale contesto.
Pensando a quello che mi aveva detto sul salentino, le ho quindi chiesto di pensare alla sua esperienza crescendo con l’italiano e il dialetto salentino.
Claudia mi aveva raccontato che c’erano contesti in cui era chiaro che nessuno avrebbe mai usato il dialetto, e vice versa contesti in cui usare il dialetto risultava più efficace dal punto di vista comunicativo.
Forse, in un certo momento della sua vita, qualcuno le aveva detto esplicitamente di parlare o non parlare italiano, ma è molto più probabile che Claudia avesse “assorbito” (per utilizzare un verbo controverso!) questa consapevolezza linguistica e comunicativa crescendo esposta alle due varietà linguistiche.
Se anche tu parli o capisci sia l’italiano che il tuo dialetto, pensaci: appartengono, nella tua esperienza, a due contesti linguistici e comunicativi diversi (es. famiglia vs scuola, contesti formali vs contesti informali, etc)? E, se sì, come fai a sapere quando e con chi utilizzare l’uno o l’altro: lo “sai”, oppure ti è stato insegnato esplicitamente?
Hai mai “mischiato” lingua italiana e dialetto? Certo, probabilmente ti è capitato di "italianizzare" una parola dialettale (soprattutto se non ha un vero e proprio equivalente in italiano),2 ma penso che in generale ti sia ben chiaro che cosa è italiano e che cosa è dialetto, anche quando nella tua vita ci sono persone che li parlano entrambi.

E adesso facciamo esperimento: rileggi i paragrafi precedenti e sostituisci “dialetto” (che ho appositamente messo in corsivo) con una delle lingue parlate dai tuoi figli (inglese, tedesco, francese, quello che è).
Hai il timore che non siano in grado di abbinare la lingua al contesto o al parlante appropriato? Ti chiedi se “mischieranno” le due (aka faranno confusione)? (Per citare due dei timori più diffusi).
Mi sembra interessante che, noi persone italofone che forse abbiamo avuto la fortuna di crescere circondate da dialetti, spesso non ci rendiamo conto che si tratta della stessa cosa.
Io credo che sia perché, come dicevo sopra, il dialetto tendenzialmente non gode di una buona reputazione, e quindi immaginare che i nostri piccoli e le nostre piccole bi- o multilingui saranno in grado di sviluppare la consapevolezza di due o più lingue ci sembra una cosa fuori di testa.
In realtà, non è così. Come noi sappiamo (e/o come sapevano i nostri genitori, i nostri nonni) intimamente che cosa è lingua e che cosa è dialetto, così loro hanno tutti gli strumenti linguistici e cognitivi per mappare le diverse varietà linguistiche e sapere quando, come e con chi parlare ciascuna.
Che poi, in determinati contesti, sia più facile per loro utilizzarne una (un esempio a caso: la lingua della comunità) e non l’altra (altro esempio a caso: la lingua di casa), è un altro paio di maniche (su cui peraltro ci siamo confrontate proprio durante l’ultimo incontro mensile).
Avevi mai pensato al dialetto come vera e propria lingua e alle altre somiglianze che ci sono, per esempio, tra mia nonna Agar che era bilingue bergamasco-italiano e mia figlia Agar che è trilingue italiano-cantonese-inglese?
Spero che questa riflessione ti abbia chiarito qualche dubbio, se ne avevi, e che ti abbia fatto sentire più sicura delle capacità e competenze linguistiche tue e dei tuoi figli!
Se vuoi continuare la conversazione in un gruppo persone come te che, giorno dopo giorno, portano avanti l’italiano in contesti multilingui, ci troviamo ogni ultimo venerdì del mese alle 12 EST (9 PST, 18 CET) su Zoom per Parlo anch’io! incontra. Il prossimo incontro sarà il 25 luglio.
Ma scusa, e il libro?
Hai ragione, il 15 del mese di solito invio una recensione o un consiglio di lettura. Adesso con l’estate la programmazione si è fatta un po’ meno regolare e ci tenevo tanto a condividere questa riflessione sul dialetto.
Ti rimando allora a due risorse:
La prima, è l’ultimo articolo uscito sul mio blog che parla di lettura condivisa in italiano in famiglie multilingui.
Per la prima parte mi sono rifatta in particolare a due testi, che ti consiglio per l’estate se hai voglia di approfondire gli aspetti linguistici e cognitivi della lettura:
The Enchanted Hour di Megan Cox Gurdon (in inglese)
Proust and the Squid di Maryanne Wolf (tradotto in italiano non è dato sapere da chi come Proust e il calamaro)
Oppure, puoi consultare la lista dei libri di cui abbiamo parlato in quasi due anni di Parlo anch’io!
Come sempre, per qualsiasi domanda o dubbio specifico, puoi scrivermi direttamente rispondendo a questa email o a info@annaaresi.com.
A presto!
Anna
Uso uno pseudonimo per proteggere la sua identità.
Per me una delle parole più intraducibili in italiano del bergamasco è gnech [pron. gnek]/gneca, italianizzato in gnecco/gnecca, che vuol dire qualcosa come “irritabile”, ma irritabile non rende per niente l’idea. Gnecca è una persona con la luna storta, un bambino che si è appena svegliato dal pisolino pomeridiano e non lo puoi neanche guardare, qualcuno che deve ancora bere il caffè o mangiare qualcosa prima di “raddrizzarsi”. Equivale all’inglese cranky, ma non ha un corrispettivo altrettanto espressivo in italiano.
Che bella puntata preziosa, Anna! Io sono cresciuta con la nonna bolognese doc che parlava dialetto spessissimo, ma solo lei (il nonno suo marito era pugliese, e hanno cresciuto mia mamma e mio zio in città mentre l’uso del dialetto andava scemando; entrambi comunque capiscono e un po’ parlano anche). La mia comprensione passiva è decente, ma in attivo conosco solo qualche parola e qualche frase — di solito le frasi che si sono consolidate anche tra le nuove generazioni come quasi “cool” (tipo t’al deg, che significa te lo dico, e che in questi giorni a Bologna ho addirittura visto su un cartellone pubblicitario!). Non ho mai pensato di portare il dialetto bolognese nella vita di eventuali figlie e figli, ma questo tuo articolo mi fa venire voglia!
Curiosamente, ho una comprensione passiva buona anche del dialetto trentino. Sono cresciuta andando in montagna lì e i miei amici del paese tra di loro parlavano dialetto — una dinamica che da cittadina mi ha sempre affascinato.
Ciao Anna, che bella puntata e... che belli i nonni! I dialetti sono una ricchezza che molti di noi italiani ci portiamo dietro con atteggiamenti contrastanti: rinnegare o difendere a spada tratta. Al di là di ciò che possiamo pensare o dichiarare in proposito, quella ricchezza linguistica, in un modo dell'altro, fa già parte di noi e la trasmettiamo anche ai nostri figli. Insomma, sì, tua nonna Agar e tua figlia Agar hanno probabilmente più cose in comune di quanto si pensi, incluso l'uso di certe parole ;-)