Cara amica, caro amico,
Benvenuta e benvenuto a Parlo anch’io!, la newsletter sull’italiano per bambine e bambini in contesti multilingui.
Oggi ti racconto cosa bolle in pentola per i primi mesi del 2025 e do il via a un’iniziativa che spero troverai utile e interessante.
Per prima cosa, ho fissato la data del webinar gratuito per docenti. Dettagli e iscrizioni a tempo debito, intanto segnati giovedì 3 aprile :)

In secondo luogo, mercoledì prossimo arriva la prima puntata di Aula docenti, la sezione di Parlo anch’io! dedicata esclusivamente a chi insegna. Se ancora non ti sei iscritta, questo è il momento buono per farlo: clicca qui e spunta Aula docenti.
Infine, ho deciso di dedicare i prossimi mesi a costruire un piccolo glossario. Come sai, di solito privilegio un approccio pratico perché:
Per avere bambine e bambini multilingui non è necessario avere una laurea in linguistica. Nella mia attività di consulenza, spiego alle famiglie ciò che è importante sapere in ciascuna situazione specifica e do tutte le indicazioni necessarie per eventuali approfondimenti, ma di solito chi si rivolge a me ha bisogno soprattutto di una mano nel tradurre la teoria nella pratica quotidiana della vita di famiglia.
Viceversa, chi insegna molto spesso ha avuto una formazione iperteorica con poche opportunità di riscontri pratici. Per questo motivo, anche nel lavorare con gli insegnanti privilegio la pratica.
Detto questo, però, è utile avere un lessico condiviso che ci permetta di comunicare in modo preciso e di chiarire alcuni punti che creano spesso confusione.
Da oggi e per le prossime settimane, quindi, in ogni puntata discuteremo un termine o un’espressione tra quelle che più spesso compaiono nei discorsi sul multilinguismo.
Partiamo oggi con un pezzo forte: bilingue e bilinguismo.
Gli altri termini che discuteremo sono:
Bi/multiliteracy
Dislessia
-fono (es. italofono, anglofono, etc)
Input linguistico
Lettura
Lingua madre / lingua nativa / madrelingua
Lingua target / lingua minoritaria vs maggioritaria (minority vs majority language)
LS/L2
Se c’è un termine o un’espressione che ti lascia perplessa ma non compare nella lista, fammi sapere che lo aggiungo.
Ho tralasciato di proposito i vari acronimi tipo OPOL (One Person One Language / One Place One Language), MLAH (Minority Language at Home) e compagnia perché credo che dalla discussione cumulativa di tutti i concetti di cui sopra ognuno sarà in grado di farsi un’idea di cosa potrebbe funzionare nel proprio caso senza ricorrere e schemi predefiniti.
Ma anche su questo sono flessibile: se non puoi vivere senza parlare di metodi e acronimi, fammelo sapere senza timore che li aggiungo in lista.
Spero che questa iniziativa ti sarà utile e che quello di oggi non sia solo un pippone lungo e noioso - gli altri non saranno così lunghi, prometto! Se arrivi fino alla fine ci trovi un bellissimo libro :)
Buon anno e alla prossima!
Anna
Bilingue / Bilinguismo
(per la variante byelingual, vedi la scorsa puntata)
Alla voce bilinguismo del dizionario Treccani, troviamo:
s. m. [der. di bilingue]. – 1. La capacità che ha un individuo, o un gruppo etnico, di usare alternativamente e senza difficoltà due diverse lingue (o anche, per estens., due diverse varietà di una lingua, o la lingua letteraria e il dialetto) (grassetto mio)
Nota bene che la definizione non dice “dalla prima infanzia”. Non entrerò nel merito dei vari tipi di bilinguismo, ma sottolineo che la voce del dizionario si concentra sul fatto che vi siano due lingue utilizzate “in alternanza” e “senza difficoltà”, a prescindere da quando sia stata introdotta la seconda.
Possiamo integrare dal definizione di Treccani con le parole dello studioso François Grosjean:
I bilingui acquisiscono e usano le loro lingue per finalità diverse, in ambiti diversi della vita, con persone diverse. Diversi aspetti della vita spesso richiedono lingue diverse (grassetto mio)1
Grosjean sottolinea che le due lingue utilizzate da una persona bilingue vengono spesso utilizzate in contesti diversi (es. casa/scuola, per parlare di lavoro/per parlare di attività in famiglia, con mia nonna materna/con mia nonna paterna, etc.).
Da queste due definizioni derivano alcuni importanti corollari:
Una persona bilingue non è la “somma” di due persone monolingui: molto probabilmente non avrà le stesse identiche competenze in ciascuna delle due lingue, quanto piuttosto competenze complementari a seconda della funzione che ciascuna delle lingue ha nella propria vita.
Il “mito” del bilingue come somma di due monolingui è spesso abbinato alla concezione idealizzata di persona monolingue come persona che “ha ingoiato il vocabolario” e conosce la totalità di una certa lingua.
Nessuno, ripeto nessuno conosce tutta una lingua (nemmeno chi ha passato tutta la vita a studiarla!). La lingua e le lingue che ciascuno di noi parla sono modellate dalle esperienze e dalle esigenze della propria vita.
Come accennavo sopra, una persona bilingue non è solo chi ha acquisito entrambe le lingue nella prima infanzia. Anche chi ha acquisito più tardi una lingua aggiuntiva che utilizza quotidianamente è bilingue.
A livello linguistico, non c’è differenza tra lingua e dialetto. Chi parla una lingua e un dialetto è bilingue.2
In un contesto monolingue, non mi scandalizzerei se il mio meccanico, che conosce i nomi e il funzionamento di tutte le parti che compongono la mia macchina, non conoscesse tutti i nomi dei fiori che crescono nel campo vicino. O se la prof. d’inglese non fosse anche un’esperta di scienze culinarie.
Eppure, spesso ci si scandalizza quando una bambina o bambino bilingue dimostra una certa competenza in una delle sue lingue e non (o non ancora) nell’altra. Spesso si adduce questo fatto a riprova che il bilinguismo nuoce allo sviluppo linguistico complessivo della persona.
Sempre impossibile, ma succede ancora, nel 2025. Soprattutto nei casi in cui chi “valuta” una delle lingue - di solito quella scolastica - non ha accesso all’altra lingua e quindi vede solo una parte, non l’interezza, del quadro linguistico di quella persona.
C’è un’immagine della linguista Kim Potowski che mi piace moltissimo: abbiamo due armadi, l’armadio dell’inglese e l’armadio dello spagnolo. Nell’armadio dell’inglese ci sono vestiti eleganti, completi professionali, vestiti casual e altri capi e accessori adatti a varie occasioni. Nell’armadio dello spagnolo ho infradito, costumi da bagno, un cappello di paglia e un pareo.3


Per molte persone, va benissimo così: per andare in spiaggia attingeranno all’armadio spagnolo mentre per andare a un colloquio di lavoro a quello inglese. Mettendo insieme i contenuti dei due armadi, avranno vestiti a sufficienza per qualsiasi occasione.
Altre persone (o i loro genitori) vorranno invece avere vestiti per tutte le occasioni in ciascuno dei due armadi. Si daranno allora da fare per fare in modo che sia così, dedicando tempo, energia e risorse a “bilanciare” i due armadi.
Capisci dove ci porta la metafora?
Nessuna delle due situazioni, di per se, è giusta o sbagliata, e nessuna delle due è nemmeno pienamente in nostro controllo, perché molto dipende dal tempo e dalle risorse che abbiamo a disposizione (magari vorrei avere un bel cappotto invernale nell’armadio dello spagnolo, ma non posso permettermelo o non ho tempo di andare a fare shopping perché devo star dietro a lavoro e famiglia senza una rete di supporto - tanto per dire).
Mi preme sottolineare questo aspetto perché la “complementarietà” è spesso una grossa fonte di preoccupazione per genitori e anche insegnanti (sa contare in inglese ma non in italiano! conosce i nomi dei pianeti in mandarino ma non in inglese! “mischia” le lingue!). Si tratta invece di un fatto molto comune e naturale per le persone che parlano due o più lingue, soprattutto quando sono ancora piccole.
Sai che offro consulenze 1:1 per famiglie multilingui? Se hai bisogno di sostegno, idee pratiche e risorse per sostenere il multilinguismo nella tua famiglia, una consulenza potrebbe fare al caso tuo!
Chi legge Parlo anch’io! ha diritto al 15% di sconto :)
Per concludere, due precisazioni:
Alcuni studiosi utilizzano bilingue/bilinguismo per riferirsi sia a situazioni con due lingue e basta, sia a situazioni con due o più lingue. In quest’ultimo caso, io preferisco utilizzare il termine multilingue (e multilinguismo). Per semplificare, però, nella puntata di oggi ho parlato di bilinguismo, ma tutto quello che ho scritto vale anche per il multilinguismo.
Infine - modalità grammar nerd on - vorrei fugare ogni dubbio riguardo al plurale dell’aggettivo bilingue (e, per estensione, i composti trilingue, plurilingue, multilingue etc). Si tratta di un normalissimo aggettivo a due uscite (come forte/forti), che però nel corso del tempo ha suscitato confusione. Trovi tutto spiegato in questo articolo dell’Accademia della Crusca. In sostanza:
Nell’uso comune le forme plurali invariate (es. bambini bilingue, contesti multilingue) convivono con le forme plurali in -i (bambini bilingui, contesti multilingui).
Dal punto di vista grammaticale ed etimologico, il plurale in -i è considerato più corretto.
Ti rassicuro, dunque, sul fatto che la frase “l’italiano per bambine e bambini in contesti multilingui” sia grammaticalmente corretta :)
Nella prossima puntata parleremo di bi- e multiteracy, cioè della capacità di leggere e scrivere in due o più lingue, e troverai alcuni suggerimenti per incoraggiare la scrittura nella lingua o lingue di casa.
Un libro per cominciare l’anno con il piede giusto

In queste prime due settimane del 2025, mi è capitato spesso di confrontarmi con i genitori sulla frustrazione che spesso bambini e bambine (ma non solo) provano nell’esprimersi in una delle loro lingue. Si collega a quello che dicevo sopra: sono in grado di parlare bene di questo argomento in inglese ma non conosco tutte le parole italiano, ci provo, non mi vengono le parole, so che le sapevo o che potrei saperle, mi incazzo, frustrazione.
Riguardo a questo tema generale mi è venuto in mente il bel libro Ascolta, che mostra in maniera semplice e delicata tutte le reazioni possibili di fronte a tristezza o frustrazione.
Il protagonista, Timmy (Taylor nell’originale), costruisce una struttura incredibile con i blocchi di legno. Passa uno stormo di corvi neri che lo tira giù. Timmy si ritrova in mezzo alle macerie di quella che poco prima era una costruzione straordinaria.
Ed ecco che uno dopo l’altro arrivano vari animali, che entrano o meglio invadono lo spazio di Timmy, con la pretesa di sapere (e imporgli), cosa dovrebbe fare: parlarne, arrabbiarsi, urlare, buttare giù la costruzione di qualcun altro, e così via.



Timmy non ha voglia di fare nessuna di queste cose e gli animali se ne vanno risentiti.
È allora che, nel silenzio e nella quiete, a piccoli passi e senza fare rumore, arriva il coniglietto.
Il coniglietto per prima cosa lascia che Timmy avverta la sua presenza. Non fa altro. Sta lì, disponibile, e aspetta.
Dopo un po’ (non si sa quanto), Timmy comincia a parlare. Il coniglietto ascolta. Timmy urla e si arrabbia. Il coniglietto ascolta. Timmy vuole distruggere la costruzione di qualcun altro. Il coniglietto ascolta.
Il coniglietto ascolta e rimane sempre lì, presente.
Fino al momento in cui Timmy deciderà, con i suoi tempi, di mettersi a ricostruire.
Questo libro secondo me è un vero gioiello. L’autrice dosa in maniera eccezionale il ritmo di testo e immagini raggiungendo un effetto profondo e potente.
Ti invito a leggerlo così com’è, resistendo alla tentazione di spiegare o aggiungere.
Perdonami per la grave mancanza bibliografica, questa citazione è tratta dal libro di François Grosjean Bilinguismo. Miti e realtà, copia che attualmente ho in Italia e non sono riuscita a recuperare in ebook. Me l’ero segnata senza appuntare la pagina e ho appena passato un’ora a cercare di reperirla, ma invano. Appena riesco a trovarla sistemo questa nota.
Permettimi di citare la massima arcinota che “una lingua è un dialetto con un esercito e una marina”. In altre parole, la vera differenza tra ciò che consideriamo lingua e ciò che consideriamo dialetto è di tipo sociale e politico, non linguistico. Il multilinguismo è una faccenda profondamente intersezionale, con sfaccettature socio-economiche, di razza (race) e anche di genere troppo spesso ignorate o sottovalutate.
Ho avuto la fortuna di assistere a varie lezioni di Potowski ed è in una di queste che l’ho sentita raccontare l’analogia del guardaroba. Lei studia il bilinguismo inglese-spagnolo negli Stati Uniti, dove l’inglese è la lingua scolastica e lo spagnolo la lingua di casa, ecco perché nel suo esempio l’armadio dell’inglese risulta essere meglio fornito di quello dello spagnolo.