Cara amica, caro amico,
Benvenuta e benvenuto a Parlo anch’io!, la newsletter sull’italiano per bambine e bambini in contesti multilingui.
Se visto l’oggetto di questa mail ti sei chiesta se sto cominciando a perdere qualche colpo…la risposta è che un po’ sì. No dai, scherzo! Sono effettivamente molto stanca e non vedo l’ora di fare finalmente un’unica e preziosissima settimana di vacanza ad agosto, ma l’oggetto impazzito si riferisce all’argomento di questa puntata: una sequenza ludo-didattica dedicata agli animali. Trovi la spiegazione con tutti i materiali scaricabili qua sotto.
Un caro saluto, spero che tu possa goderti delle ferie molto più lunghe delle mie!
Anna
Cani, gatti e shock culturale
Con gli animali non si sbaglia praticamente mai, esercitano un fascino infinito sui piccoli e si prestano a tantissime attività, giochi e canzoni. Mi trovo spesso nella situazione di dover selezionare dalle attività che avevo preparato, perché le cose belle da fare sono tante, ma occorre sempre tener presente che cosa un/a 3-5enne può effettivamente digerire nel tempo a disposizione.
Anche oggi quindi ti propongo una sequenza pensata per il mio gruppo di 3-5enni.
Le possibili varianti e modifiche sono infinite; se ti capita di provare tutta la sequenza o qualche attività, mi farai sapere se e come l’avrai adattata alle esigenze tue, dei tuoi studenti o dei tuoi figli. Prima, però, una premessa.
Trovo che l’argomento animali sia perfetto per cominciare a lanciare un semino di consapevolezza interculturale.
Hai mai sentito parlare delle fasi dello shock culturale? Si tratta di una teoria nata in ambito antropologico per spiegare i diversi stati emotivi provati quando ci si immerge in una cultura diversa dalla propria d’origine.
Ormai l’espressione è entrata nel lessico comune e viene utilizzata ad ogni pie’ sospinto, ma trovo che sia vero - poiché l’ho sia vissuto che osservato molte volte - che anche imparare una nuova lingua (dunque restando nella propria cultura d’origine, ma nello stesso tempo aprendosi a qualcosa di diverso) possa provocare dei micro-shock culturali.
Secondo questa teoria, ad una prima fase detta di luna di miele o di entusiasmo (immagina il turista milanese a New York) segue quella dello shock vero e proprio, a volte chiamata anche fase di ostilità. In questa fase si prova fastidio e rigetto per differenze culturali sia grandi che piccole (nel mio caso, ad esempio: perché gli americani ti chiedono come stai mentre camminano e ora che hai risposto son già andati via?). Alcune persone, purtroppo, rimangono incastrate in questa fase e fanno molta fatica ad uscirne e passare alle successive, in cui l’esperienza della diversità culturale viene integrata nella propria visione del mondo e la amplia.
Per questo motivo è fondamentale esporre bambine e bambini a esperienze di diversità linguistica e culturale, in modo che si allenino a fare l’esperienza del diverso, anche su una scala molto piccola. Crescendo questa loro abilità li agevolerà nell’adattarsi ai cambiamenti o addirittura agli shock culturali. Come sappiamo, ai bambini non basta dire “Guarda che al mondo ci sono tante persone con lingue usi e costumi diversi”: deve essere un’esperienza.
Ecco, dunque, io trovo che introdurre gli animali e il fatto che anche gli animali “parlano” in modo diverso (ossia fanno versi diversi) in italiano rispetto all’inglese sia un primo passo in questa direzione. Di solito le due reazioni arrivano insieme: da un lato, il divertimento (ahaha, la gallina in italiano dice coccodè!) dall’altro lo spaesamento o anche il rigetto (ma non è vero! Il cane fa woof, non bau bau!).
Per questo motivo spesso introduco l’argomento “versi” dicendo qualcosa come: “Vi devo dire una cosa. Lo sapete che gli anche gli animali parlano in italiano? Eh sì, in italiano i versi degli animali sono diversi rispetto all’inglese. Cosa ne pensate? Adesso ve li dico e li facciamo insieme!” In questo modo anticipo e riconosco la potenziale difficoltà nell’incontro con il "diverso” e nove volte su dieci la reazione negativa non avviene, perché già mettere l’accento sulla diversità aiuta a riconoscerla e osservarla come un dato di fatto, per così dire, non come una minaccia.
Devo dire che ci vuole molta delicatezza nel fare premesse di questo tipo, perché tante volte mi è capitato di vedere degli adulti nominare elementi di diversità in modo accondiscendente e paternalistico, implicando - in modo conscio o inconscio - che il modo di fare diverso è sbagliato mentre il nostro è quello giusto.1
So che stiamo parlando di coccodè e chicchirichì con 3-5enni, ma ti assicuro che si parte da qui per arrivare molto lontano, da grandi. Ed è importante arrivarci bene!
Detto questo, ti lascio alla sequenza :) Anche questa lezione è calibrata su 45 minuti e divisa in tre “blocchi scomponibili” da 15 minuti: introduzione di lessico e idee nuove, attività ludiche di consolidamento, lettura. Ti metto la struttura e ti racconto come l’ho proposta sabato scorso al mio gruppo di adesso.
Prima parte. Materiale occorrente: fogli con animali da colorare e colori. Facoltativo: libri di animali, peluche.
Accoglienza e rituale di apertura
Presentazione animali con nomi e versi (a me piace farlo con delle semplici immagini stampate o con i libri tattili e/o sonori perché creano un po’ di interazione multisensoriale e si possono sentire i versi registrati). Se è la prima volta che tratto l’argomento non introduco più di 10 animali, quasi tutti della fattoria. Altre volte li presento con dei peluche che estraggo da una grande borsa (grande momento di suspence!) e distribuisco tra i bambini.
Ogni bambina sceglie un animale (se c’è il peluche tiene il peluche) e colora il disegno relativo (se ne trovano tanti carini da stampare su Portale Bambini, ad esempio, ma l’internet è pieno di animali da stampare e colorare). Dico loro che il loro compito è prendersi cura di quell’animale, imparare bene come si chiama e che verso fa, e mentre colorano vado in giro praticando parole e brevi domande/risposte uno a uno.
Impariamo e cantiamo “Nella vecchia fattoria”. Di solito si entusiasmano molto quando tocca al loro animale.
Seconda parte. Occorrente: scheda yoga. Facoltativo: materassini, tappetini (per rendere più memorabile l’esperienza).
Sistemare e mettere tutto a posto (per marcare la transizione).
Se ci sono i materassini: farsi aiutare dai bambini a srotolarli e stenderli. Si può sfruttare l’occasione per ripassare lessico già introdotto (colori, forme, etc.). Io l’ultima volta li ho fatto mettere in cerchio tutti rivolti verso l’interno.
Consegnare scheda e guardare insieme gli animali. Come si chiama? Che verso fa? Alcuni non hanno un vero e proprio verso, si può inventare. Se avevi già fatto una canzone o filastrocca relativa a uno o più di questi animali, si può cantare o ripetere qui (ad esempio noi avevamo appena fatto Farfallina bella bianca la volta prima).
Lezione di yoga! Qui sta a te come vuoi farla. Io l’ho fatta fare una prima volta tutta e per ogni posa di animale facevamo il verso. Poi io dicevo un animale (non in ordine) e loro facevano la posizione + il verso. Poi uno a turno hanno detto un animale a scelta e gli altri facevano la posizione + il verso.
[E qui ti confesso che avrei voluto introdurre alcune parti del corpo, ma erano cotte e ho lasciato perdere]
Terza parte: gioco libero/movimento e lettura. Materiale occorrente: libri a scelta.
Di nuovo si sistema tutto per marcare la transizione (arrotola e riponi i materassini, etc).
Cinque minuti di gioco libero tra quelli che conoscono. A questo punto il mio gruppo conosce palla-nome-chiama, uno due tre stella, strega comanda color e il lupo mangiafrutta.
Lettura. Io ho proposto i libri che ti metto qua sotto. Li abbiamo letti tutte insieme una volta e poi ognuna ha potuto sfogliare/leggere quello che preferiva.
Rituale di chiusura e saluti.
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Con questo non voglio puntare il dito contro nessuno, anzi è possibilissimo che sia capitato anche a me di usare quel tono, chissà. Non in mondo intenzionale, ma io come tutte e tutti ho il mio bagaglio di bias impliciti e pregiudizi. È un lavoro che faccio costantemente su me stessa e penso che la chiave stia nel cercare di portare consapevolezza al proprio modo di fare.